Da anni noi  cittadini europei siamo pressati da indicazioni illogiche provenienti dalla commissione UE che ci angosciano la vita e limitano al nostra libertà.

Questa è l’arroganza dell’Europa: il pressing sulla sostituzione delle nostre automobili con quelle elettriche che a causa dei costi e le difficoltà di rifornimento, destano nel potenziale utente parecchie perplessità. 

Per non parlare della normativa della circolazione delle auto, l’adeguamento ecologico e ambientale delle nostre abitazioni e le imposizioni alimentari che, oltre ad annientare le colture agricole ed allevamenti del bestiame, minacciano di imporci una alimentazione innaturale basata su farine di insetti e carne sintetica. 

Noi borbottiamo, ma sino ad ora non siamo neppure scesi a manifestare il nostro sdegno dinanzi alle prefetture.

Gli agricoltori invece hanno avuto coraggio e si sono presentati compatti dinanzi ai palazzi del potere nazionale e nei giorni scorsi a Bruxelles, sede del Parlamento europeo. Di questa scelta, dovremo essergliene grati. 

Così  le proteste nazionali, dall’Olanda alla Germania, dalla Francia all’Italia, dalla Polonia alla Romania, dalla Penisola iberica al Belgio sono divenute via via più rumorose, e insistenti, i responsabili dei governi e delle istituzioni europee non possono più fingere di non sapere del malessere dilagante, ormai incontenibile.  

Gli agricoltori, arrivatida tutta Europa per protestarecontro la Politica agricola comune (Pac) e il Green Deal, hanno preso di mira Place de Luxembourg, davanti alla sede del Parlamento europeo, dove hanno appiccato alcuni roghi con legna e pneumatici.

Tra le richieste di chi sta scendendo in strada ci sono le linee d’indirizzo comunitarie di cui l’Ue ha fatto la propria bandiera negli ultimi anni: il già citato Green Deal, l’importazione di prodotti agricoli provenienti da Paesi dove non sono in vigore regolamenti produttivi e sanitari affini a quelli europei, i vincoli e gli incentivi per non coltivare terreni, la tassazione, la mancata riqualificazione della figura dell’agricoltore ed i mancati sconti sui carburanti, il blocco della liberalizzazione dei prodotti agricoli con molti paesi extraeuropei.

L’obbligo della riduzione di «emissioni inquinanti» di suini e il pollame, minacciando anche di vietare la caccia di «animali predatori» di greggi ed armenti, nella convinzione di riportare il continente europeo all’onirica e pericolosissima landa selvaggia preistorica.

La protesta a Bruxelles è  stata una dimostrazione di unità, anche se le sfide per gli agricoltori variano enormemente, non solo tra Paesi e regioni, ma anche per l’attività stessa.

Ciò che unisce tutti gli agricoltori è invece la comune ribellioneverso l’ideologia ambientalista, imposta dalle maggioranze rosse e verdi del Parlamento e della Commissione europea, come anche l’eccessiva liberalizzazione del mercato ed apertura ai paesi extra europei, oltre ai mancati controlli e alle allegre speculazioni sui prezzi dei prodotti agricoli fatti dalle multinazionali e dalle catene della grande distribuzione.

La risposta a tali preoccupazioni che proviene dalla Commissione è stata sinora ridicola e offensiva.

Giovedì 25 gennaio la Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen aveva incontrato le parti interessate della filiera alimentare e le Ong del settore, per lanciare un percorso di «dialogo strategico» tra i gruppi agricoli e i funzionari e Commissari europei che dovrebbe proseguire sino al prossimo giugno. 

I temi all’ordine del giorno sono tanti, si va dal reddito degli agricoltori e la qualità della vita nelle aree rurali all’agricoltura sostenibile, dall’innovazione e alla competitività del sistema alimentare dell’Ue.

Un tavolo di dibattito comune della durata di sei mesi è una urtante presa in giro verso le urgenti richieste di agricoltori e contadini che devono già rispettare le penalizzanti norme imposte dalla politica agricola comune (PAC 2023-2027) tra cui obiettivi ambientali più ambiziosi in linea con il Green Deal. 

I potenti del continente, concentrati ieri sugli aiuti all’Ucraina, nemmeno avranno visto lo striscione con la scritta “Diciamo no al dispotismo”, issato a pochi metri dal luogo della riunione del Consiglio europeo, eppure quello slogan è il giudizio greve degli europei sull’Europa e sulle sue folli istituzioni.

Negli anni in cui nel nostro paese ha governato il partito della Democrazia Cristiana, si è sempre tenuto in gran risalto e rilievo l’importanza dell’agricoltura sotto tutte le sue forme, da quella animale a quella vegetale, prestando grande attenzione alla località e qualità dei prodotti che finivano sui  nostri mercati alimentari per la loro vendita sia all’ingrosso che al minuto e, certamente ciò che contava era il contenuto, mentre oggi il più delle volte ciò che compriamo per nutrirci è legato allo sfoggio del suo impacchettamento che condiziona il suo acquisto.

Oggi più che mai occorre tornare a quelle attenzioni necessarie a sostenere i nostri agricoltori che non vogliono arrendersi dinanzi alla grande speculazione a cui tutti assistiamo ogni giorno, la Democrazia Cristiana di oggi si propone e si impegnerà ad ascoltare, ma soprattutto ad agire con i mezzi legalmente possibili per andare incontro alle richieste giustamente fatte da coloro che dedicano la loro vita all’agricoltura e alla nostra qualità di vita biologica.

Loredana Muci
Author: Loredana Muci

Segretario Cittadino della Democrazia Cristiana Torino

Di Loredana Muci

Segretario Cittadino della Democrazia Cristiana Torino

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