Rolando Picchioni: una storia politica da non dimenticare 

L’attualità politica di questi giorni fa sentire inevitabilmente l’assenza dell’onorevole Rolando Picchioni con le sue riflessioni pungenti ed i ragionamenti pratici, oltre alle indimenticabili argomentazioni “alte”. Queste peculiarità, unite alla vastissima cultura, hanno accompagnato la lunga esistenza terrena di Rolando Picchioni, morto improvvisamente a Torino il 23 marzo 2023 all’etá di 86 anni, proprio dopo aver raccolto con serenità d’animo le ultime “vittorie giudiziarie” relative al periodo della Presidenza al Salone Internazionale del Libro di Torino. 

Il 19 marzo, alcuni giorni prima della dipartita di Picchioni, l’ex Direttore del Salone del Libro, Ernesto Ferrero, già segretario della Bollati Boringhieri (con lunghi trascorsi ai vertici di Einaudi, Garzanti e Arnoldo Mondadori) aveva dichiarato al quotidiano 《Torino Cronaca Qui》: “i rapporti istituzionali erano gestiti benissimo da un politico esperto e capace come Rolando Picchioni, che ha gestito benissimo una situazione estremamente complicata. É stato oggetto di una indagine giudiziaria a mio avviso infondata e vittima di un vergognoso linciaggio mediatico. Non mi ha mai sfiorato il cervello l’idea che potesse utilizzare soldi pubblici, che tra l’altro mancavano sempre, ad altro scopo che non fosse quello di fare il Salone al meglio. Semmai é stato eroico, sempre alle prese con istituzioni che versavano i contributi stabiliti con ritardi di anni. Gli dovrebbero fare un monumento equestre”. 

Un killeraggio avvenuto alcuni anni fa, nel 2015, senza alcun rispetto dell’uomo e della sua storia professionale, massacrata da illazioni personali, filoni giudiziari e tsunami contabili. 

Il ruolo di Patron della kermesse del Lingotto ha permesso alle giovani generazioni di conoscere, dal vivo, le capacità organizzative (e non solo) dell’esponente politico totalmente dedito alle molteplice forme del “sapere”, senza censure, ma esigente della fruibilità dei contenuti da parte di un vasto pubblico. Questo chiodo fisso, che si potrebbe tranquillamente chiamare “sensibilità”, parte da lontano: dagli anni studenteschi (fin dal Liceo Salesiano Valsalice di Torino dove maturò anche la passione per gli studi internazionali e per la Vecchia Signora -Juventus) e dalla formazione politica infusa nelle trasferte alla “Camilluccia” di Roma.  

Uno spirito libero, raffinato, coriaceo ed a tratti spiazzante, per gli stessi amici che egli stesso ci teneva a rassicurare negli ultimi anni con una chiosa “sono vecchio ma non antico. Fazioso ma non rancoroso, vivace ma severamente composto”. 

Un carattere piuttosto fumantino, esplosivo, a tratti permaloso ma al tempo stesso gentile, intuitivo e generoso. 

La capacità di essere molto generoso, in tutti gli aspetti della vita privata e pubblica, è stato forse il limite più ingombrante della sua lunga storia terrena tanto da procurargli nel percorso “pubblico” iniziato nel 1961 degli ostacoli: scivoloni, asprezze, battute d’arresto e cadute molto dolorose. Nonostante tutto, la fiducia per il prossimo non è mai venuta meno così come le  innegabili capacità di muoversi, con disinvoltura, nelle dinamiche politiche (partitiche e dei portatori di interesse) con il motto di “valutare sempre i tempi per lanciare le pietre ed i momenti in cui raccoglierle”. 

Può sembrare una constatazione cinica e spietata del potere; invece ci offre una visione adombrata della politica perché il Presidente non ricercava mai una devozione silenziosa bensí apprezzava una capacità critica arricchita da animosità coraggiosa. 

Per questa sua natura, anomala, rispetto ai protagonisti paludati e profondamente spietati delle varie stagioni politiche, é stato di sovente descritto come un personaggio dai tratti shakespeariani con manie di accentramento e dotato di hybris da condottiero di numerose battaglie. 

É stato un lottatore con vittorie e sconfitte da palcoscenico. 

Le “Luci e ombre” vengono meno rileggendo la sua interminabile carriera, tutta culturale, all’interno di un’area politica spesso riluttante a cimentarsi e misurarsi nelle politiche educative, televisive, culturali, artistiche del noatro Paese. 

Da Chivasso alla Provincia di Torino (assessore), dalla Presidenza del Teatro Stabile di Torino al Ministero per i Beni Culturali (Sottosegretario di Stato) passando per il Parlamento (Deputato dal 1972 al 1983), la Commissione di Vigilanza Rai, il partito (vice responsabile nazionale Cultura della Dc) ed il Consiglio Regionale del Piemonte (dal 1990); nonché primo Presidente del parlamento regionale nella “Seconda Repubblica”. 

Quanti aneddoti sono ancora vivi nella memoria e nel deposito della storia elettorale delle “Due Repubbliche” tra le  colline chivassesi o in Canavese, feudi bianchi dei dorotei di rito colombiano  capitanati proprio da Picchioni, giá Vice Sindaco ed esponente politico, di primo piano, della Città di Chivasso. 

Lunghissimi anni, davvero intensi, di passione politica che restano nitidi nelle memorie degli arzilli sopravvissuti. 

In particolare, ricordiamo tra gli altri: l’amico di sempre, nonché sodale politico, Piero Aceto, Renato Montabone, Claudio Artusi, Franco Maria Botta, Roberto Tentoni, Giuseppe Bava e Massimo Giovannini. 

E’ bizzaro, inoltre, confessare che Picchioni stesso si impegnava ad alimentare narrazioni, dicerie ed indiscrezioni relative al proprio agire nel partito e nelle gestione delle politiche locali, senza tralasciare le  [sue] vastissime reti internazionali (non dimentichiamoci, infatti, che è stato per alcuni anni il leader organizzatore del World Global Forum). 

Non parliamo poi dei suoi “fedelissimi”, o seguaci, che risultavano oggetto di scherno e di commenti negativi anche all’interno della stessa Democrazia Cristiana. 

Le accuse mosse nei loro confronti, davvero sterili, ruotavano sempre nella voglia smisurata di esercitare il potere, il clientelismo, la cortesia con mondi lontani così da avviare estenuanti trattative di mediazione. 

Nella definizione di centrismo proclamata più volte da Rolando Picchioni “il centro vuole essere il punto di appoggio ed un riferimento sicuro dell’elettorato. Molti problemi sono trasversali ai due schieramenti ed il centro nelle sue diverse identità, oltre a raccogliere i consensi ed assensi da numerose parti, pratica la  geometria variabile che consente il dialogo aperto”. 

Una definizione che potrebbe attanagliarsi perfettamente al doroteismo di cui Rolando Picchioni fu protagonista indiscusso per numerosi anni nel nostro Paese così come riconosciuto pubblicamente da Pino Chiezzi, fiero avversario comunista: “porto ancora i lividi, prodotti dai colpi che con irruenza e cultura mi sferrava, quando in Consiglio regionale facevamo scontrare due pensieri sulla società, quelli che si riferivano alla cultura della Democrazia cristiana e quelli del Partito comunista. Rolando Picchioni era la quintessenza della democrazia cristiana, secondo lo stereotipo della balena bianca, che malgovernava il paese. Lottavo proprio contro il suo modello di società, e penso viceversa. Erano confronti senza rete, a volte senza pietas, fondati su ragioni ben ancorate al contesto sociale e quindi sviluppati con argomenti che avevano una loro forza politica intrinseca. Così facendo la politica generava comunque un macinato che aveva come obbiettivo la ricerca di un interesse comune. Il contrasto politico faceva crescere entrambe le parti, costrette a studiare per affermare le proprie ragioni. Il bello della politica. Siamo stati fortunati a vivere quella stagione da avversari”.Rolando Picchioni non rifuggiva mai, e non si preoccupava, dell’alone di maldicenze che attorniavano la sua storia politica e professionale perché la “forza delle idee” del personaggio riusciva a renderlo intoccabile al centro, a destra ed a sinistra. E’ la famosa area moderata vasta e trasversale che ancora oggi, forse, influenza le numerose vicende parlamentari delle commissioni e dei voti d’Aula. Per esempio, la votazione di due Vice Presidenti donne alla Vigilanza Rai, Augusta Montaruli, giovane e brillante onorevole torinese con lunghissimo attivismo politico in AN-FDI (Fratelli d’Italia), e Maria Elena Boschi, già Ministro delle Riforme oltre che esponente di primissimo piano vicina a Matteo Renzi, non é forse il frutto odierno di una mediazione tra esponenti dialoganti (pontieri) tra maggioranza e opposizione? Non è forse l’esito, scontato, che in certi ambienti della maggioranza risulta preferibile promuovere un asse con il “Giglio magico” a discapito delle altre opposizioni parlamentari. Questi fatti dell’attualità ci suggeriscono che il “metodo Picchioni” risulta vincente ed imperituro così come contenuto nell’autobiografia 

“La lunga supplenza” editata da Aragno nel 2021. 

Un voluminoso libro di 289 pagine in grado di delinare un affresco italico tra episodi, retroscena, confidenze e fatti capitati, lungo i decenni, all’anziano protagonista. 

Un uomo ormai lasciato solo ed emarginato dal Potere ma non per questo rassegnato, vinto o incupito da una condizione esistenziale che non rallegra l’animo ma permette di rinnovare gli impegni, i propositi creativi e coltivare con più intensità le amicizie sincere, totalmente disinteressate al prestigio decaduto. 

Con l’abbattimento di file, interminabili, di questuanti di vario genere e l’inesorabile diminuzione di impegni gravosi, era sempre  un piacere rivedere riaffaciarsi garbatamente la figura inconfondibile di Rolando Picchioni nei luoghi del “suo” quartiere “Cit Turin”. 

Era emblematico ravvisare nei comuni gesti  lo spessore di una classe politica che “viveva sul territorio e rivolgeva attenzione spasmodica alle richieste dei propri elettori”. 

Non stupisce allora il rito dell’ambulatorio del lunedì praticato da questi signori che riponevano sopra ogni cosa: il servizio e l’attenzione per il collegio (territorio). 

Picchioni nelle varie vicende, gestite con piglio manageriale, cercava sempre in modo invidiabile di puntare in alto -Duc in altum- e così fece anche nel frangente di avvio degli Stati Generali del Piemonte, un solenne e valido esperimento di ricerca collettiva delle tante storie, opportunità e perle dei territori piemontesi. 

Una utile ricognizione che andrebbe ripresa e riaggionata nelle visioni dei “Piemonti” che ancora oggi appaiono nebulose o sospese nelle diverse province di questa regione strategica candidata a svolgere la funzione di “porta d’Europa”. Anche negli ultimi tempi, di conversazioni in libertà, il Presidente pronunciava delle intuizioni e delle strategie, curiose, da implementare nei diversi scenari delle strategie torinesi. In particolare ricordo: 1) la creazione di un’occasione di interazione visibile con gli studenti “Erasmus” e fuori sede “Italiani” presenti in Piemonte; 2) la promozione degli Oratori cittadini come agora’ di cultura e luoghi “aperti” di quartiere, paesi e città. 

In occasione del nostro ultimo incontro, casuale e vespertino, in Piazza Statuto a Torino, ricordo la sua passione di raccontare e condividere molteplici fatti (dimenticati e poco noti delle correnti democristiane) che hanno costituito una voce significativa della storia dell’Italia repubblicana. 

Forse era un esercizio propedeutico all’idea di relizzare una pubblicazione (come un prezioso catalogo edito dalla Regione Basilicata per il Senatore Emilio Colombo) fotografica arricchita da alcuni carteggi provenienti dall’archivio privato e dalla segreteria politica. Chissà. 

Possiamo allora ripetere convintamente la frase conclusiva dell’autobiografia: “Ed ecco perché la storia continua”! 

E’ un invito a perseverare nelle battaglie che non finiscono mai.  

Proprio da Chivasso, dove tutto é iniziato per Picchioni, non mancherà il pungolo per  mantenere viva la memoria di un personaggio scomodo, per un sistema ben ramificato e diffuso in Piemonte, che anche in occasione dei funerali molto partecipati  nella centralissima chiesa di San Massimo a Torino, ha tentato di rendere omaggio con parole lontane così da rimuovere velocemente nell’immaginario collettivo le innumerovoli opere di Rolando Picchioni. 

Vista la caratura del personaggio confidiamo che egli non sarà destinato a soccombere all’inesorabilitá del tempo ed al discendere impietoso dell’oblio. 

È una condizione da evitare, con tutte le forze necessarie, al fine di riscattare i casi del Conte Calleri di Sala, primo Presidente della Regione Piemonte, e di Emanuela Savio, protagonista delle politiche industriali (nella Dc) e delle banche (Presidente della CRT).  

Stefano Piovano

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