Il dibattito sul salario minimo ha assunto i toni di un’ultima frontiera dell’emergenza di stagione per cui, a detta delle opposizioni non si può andare in ferie senza una legge che stabilisca che il magico numero 9 deve diventare l’argine contro lo sfruttamento ad opera del bieco padrone. L’emergenza climatica, il contrasto al dissesto idrogeologico, la ricostruzione delle zone alluvionate possono aspettare : non hanno superato la prova del 9.

Viene a chiedersi a che giova stabilire un importo minimo per legge, il che vuol dire che ogni volta che si debba adeguare il numero al costo della vita o alle mutate condizioni economiche si debba tornare in Parlamento, con l’incognita dei tempi tecnici e del calendario parlamentare.

Un che  di simile abbiamo visto in un recente passato quando una compagine di dilettanti allo sbaraglio aveva manifestato sul tetto il trionfante annuncio: “abbiamo abolito la povertà” . Abbiamo visto a cosa è servito il Decreto Dignità , oltre che ad irrigidire un mercato del lavoro già ingessato.

Qualcosa non quadra .

Chi mai osa mettersi contro una richiesta di aumentare i salari di coloro che, penalizzati dalla mancanza di un contratto nazionale, si trovano a mettere le mani dietro la schiena senza guardare ciò che vien dato ? Solo un insensibile sfruttatore delle masse proletarie può dire un no ostinato e difensore di privilegi della casta degli occupati o dei redditi garantiti; quindi un perdente senza appello, da emarginare dal dibattito politico.

Eppure qualcosa non quadra lo stesso.

A cominciare dal fatto che a cavalcare la proposta di legge in materia salariale sia un partito e non un sindacato. Il segretario del sindacato più contiguo al partito che sostiene la proposta di legge non si sbilancia: continua ad insistere sul fatto che ci sono salari da fame, ma si guarda bene da appoggiare in toto la proposta, nel presupposto-fondato- che il limite minimo rende più difficile la contrattazione collettiva in quegli ambiti che si definiscono “ nuovi lavori” . E’ fin  troppo facile pensare che il limite minimo di 9 euro all’ora – lordi peraltro – diventi una barriera che la parte datoriale usi per opporre di “ essere nel giusto “.

Viene da chiedersi come fa un datore di lavoro agricolo che viene pagato 0,20 euro al chilo di pomodoro ad acquistare le sementi, assicurare il raccolto contro gli eventi atmosferici , provvedere all’alloggio dei lavoratori e pagare le tasse , Ma è un padrone, si arrangi lui, finchè non decide di smettere di lavorare in perdita e di lasciare che la Grande Distribuzione importi dall’estero i pomodori da vendere a 2,00 al chilo.

Oppure come fa il pizzaiolo a domicilio a chiedere 5 euro per una pizza ed altrettanti per il trasporto; e soprattutto se chi acquista la pizza a domicilio invece di alzare il sedere e andare in pizzeria non sia complice del salario under 9. 

Forse la partita si trova altrimenti e i poveri sottopagati sono ancora una volta lo strumento per una lotta per la conquista del consenso elettorale che  passa dall’assistenzialismo come politica del lavoro buona per tutte le stagioni.

In quest’ottica il ruolo del sindacato viene ridimensionato : il Partito si occupa di salari  e il sindacato detta i provvedimenti di politica economica. Una festa dei folli, direbbe Umberto Eco.

Questo interrogativo resta prudentemente senza risposta. Nel 1980 un libro dal titolo “Cosa contano i sindacati” si era posto molte domande ad argomento; forse troppe ,vtanto che poco tempo dopo il suo autore , Valter Tobagi , era finito ammazzato e non certamente dalla destra extraparlamentare .

Ci limitiamo a pensare, da cristiani in politica , che 9 euro –lordi – sono pochi ma che la soluzione sia in una politica del lavoro che coinvolga tutti ma proprio tutti gli svantaggiati del Paese , compresi i migranti inoccupati e assistiti. E’ duro fare digerire alla platea dei salari over 10 l’opportunità di redistribuire le risorse, un po’ come stiamo facendo per l’energia e l’ambiente : ad agire tocca sempre ad un altro.

Ma l’oppressione dei poveri resta un peccato che grida vendetta e  che fa sì che il dibattito suoni falso 

Come un biglietto da 9 euro.

Un pensiero su “9 euro: qualcosa non quadra”
  1. da piccolo , piccolissimo imprenditore faccio un semplice ragionamento : a me piacerebbe pagare il dipendente anche più di 9 euro l’ora e non lordi ma netti perchè mi rendo conto che la vita è cara per tutti ma dove li prendo ? tutti sanno quello che costa un dipendente al datore di lavoro e almeno nel mio caso ma come me tanti altri , già faccio i salti mortali per andare avanti e non ho margini per aumentare gli stipendi , quindi invece di sbandierare al vento questi 9 euro di salario minimo solo per catturare consenso , pensino a detassare il costo del lavoro in maniera tale che tale cifra vada ad aumentare il netto in busta paga del lavoratore e non nelle casse dello stato

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