Il Festival della canzone italiana è l’appuntamento nazional-popolare dell’anno, cui la Rai si aggrappa, essendo rimasto anche l’ultimo approdo con un picco di ascolti accordato dal pubblico italiano alla televisione di Stato, ormai ridotta a concorrente minore delle emittenti berlusconiane.

Questo meriterebbe un’approfondita analisi politica, perché è legittimo chiedersi a che cosa serva l’imposizione del canone se la qualità della tivù finanziata dai contribuenti è pari se non peggiore rispetto a quella del Cavaliere, indiscutibilmente gratuita.

La Rai non é la Bbc, intonava un motivetto dell’epoca andata, quando, forse, via Mazzini aveva qualcosa per cui vantarsi rispetto all’emittente britannica.

Non rimanendo altro che la settimana nazional-popolare dalla Riviera, è inevitabile che la Rai vi infili di tutto: recentemente, siamo giunti persino all’irrisione della religione praticata dalla maggior parte degli italiani, ma invisa ad un numero sempre maggiore di superficialoni, pur di far parlare di sè e di attirare un pubblico appagato da frizzi e lazzi.

Naturalmente, in quest’ottica Volodymyr Zelensky appare il personaggio più adatto a suscitare l’interesse di qualsiasi telespettatore.

Tuttavia, la spettacolarizzazione di un dramma appare di per sé una macabra trovata.

Zelensky avrà modo di sostenere le sue tesi, molte delle quali condivisibili.

Ma siamo sicuri che l’impostazione data dai media a questo conflitto sia utile non all’uno o all’altro dei contendenti, ma ad una soluzione pacifica ed equa per tutti ed alla tranquillità dell’Europa?

Siamo certi che averla messa sul piano di una partita che non può che finire con la vittoria dell’uno o dell’altro sia la migliore strada che si potesse intraprendere?

Siamo convinti che l’aver riposto tutte le speranze sulla soluzione militare, piuttosto che, ad un certo punto, anche su quella diplomatica non rischi di ritorcersi contro chi è oggettivamente più debole?

Ascolteremo ancora una volta Zelensky, ma resteremo dell’opinione che una politica maggiormente lungimirante e discreta da parte dell’Europa avrebbe evitato lutti e drammi.

L’Occidente ha saputo a suo tempo contrastare un nemico ancora più insidioso e potente di Putin: l’Unione Sovietica comunista.

Oggi sentiamo troppi balbettii in politica e troppe voci alzate da parte dei mercanti di tutto, anche delle armi.

Vivacchiano di tatticismi e non hanno una visione complessiva, quella che i democratici cristiani hanno mutuato dall’insegnamento sociale della Chiesa ed hanno praticato con coerenza e prudenza anche quando vi era la cortina di ferro che, ricordiamolo, erano riusciti ad abbattere – soprattutto loro – pochi decenni fa.

Per questo, tra una canzonetta e l’altra, si inviti chi si vuole.

Ma non si contribuisca a trasformare una mediocre commedia in un’immane tragedia.

2 pensiero su “Perché Sanremo è Sanremo”
  1. Ho letto molte discussioni sull ‘argomento Zelensky a Sanremo ed ho sentito diverse interviste tutte con pareri discordanti o quasi , non entro nel merito della questione e dell’opportunità di invitarlo o meno , anche se trattasi di collegamento video e non di presenza reale al Festival . Io non lo avrei invitato . E’ un mio parere e non conta nulla ma non riesco a fidarmi di quell’uomo. Massima solidarietà all’Ucraina e al suo popolo però…

  2. Dopo la sorpresa Mattarella, forse ci sarà la sorpresa Zelensky: niente diretta, ma solo messaggio. Sembra anche a me un avventuriero ed anch’io sono vicino al popolo ucraino. Va bene difendersi, ma ad un certo punto bisogna ricercare la pace sennò, anche con le ragioni che non mancano, non si va da nesssuna parte.
    Mi sembra che la strada della pace al momento sia poco battuta.
    E questo è male.

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